Davide Rossi
Come il destino eurasiatico e multipolare della Russia sia fondamentale per la costruzione di un nuovo e più giusto ordine mondiale.
La Russia per lungo tempo ha coltivato, ben oltre l'ubriacatura servile e liberista impostale con sguaiata violenza dai vincitori statunitensi della Guerra Fredda alla fine degli anni '90 del passato secolo, la convinzione che l'Europa continentale non fosse succube dell'atlantismo liberista e anglosassone, ma avesse nella sua millenaria cultura da Roma, a Parigi e a Berlino, da Seneca, a Montaigne e a Hegel, le radici di un pensiero che si sarebbe potuto scoprire fratello dello "Stato civiltà" russo, con la sua storia, le sue tradizioni, la sua religione cristiano - ortodossa, così come la sua proiezione eurasiatica.
Sul finire del XX secolo Aleksandr Dugin, smettendo di teorizzare per Gennadij Zjuganov il socialismo patriottico, diventa il massimo teorico di un'Eurasia da Lisbona a Vladivostok, non già come egemonia del multipolarismo che proprio nel trattato bilaterale sino - russo del 2001 stava prendendo avvio, ma un eurasiatismo che contava sugli europei e in particolare sui tedeschi per realizzare un'alleanza geoculturale in cui le materie prime russe, a partire dal gas e dal petrolio, avrebbero sostenuto la crescita economica europea, sganciandola, nell'illusione comune ad alcuni politici e intellettuali russi di allora, dal mostro bicefalo anglo - statunitense.
Un clamoroso errore, visto che il tempo ha dimostrato quanto l'Europa continentale alla propria sovranità abbia preferito e preferisca la subordinazione e la bieca sudditanza alla finanza speculativa, tanto che oggi Macron, Starmer e la Von der Leyen sono i massimi difensori, al pari dei loro amici neocon e democratici statunitensi, del dollaro come moneta di scambio internazionale e i primi teorizzatori di un conflitto armato contro Cina e Russia, ben al di là delle vicende ucraine. Una rivendicazione di appartenenza all'Occidente Collettivo in cui la violenta egemonia fondata sul furto delle materie prime energetiche e alimentari a danno del Sud Globale viene camuffata da difesa dei valori democratici e rispetto dei diritti umani, una farsa sempre più ridicola, viste le intromissioni politiche che alterano la volontà popolare degli europei e zittiscono tutte le voci dissenzienti facendole scomparire dai media, al punto che a Ouagadougou, a Caracas, a Mosca, a Pechino le giovani generazioni, pienamente consapevoli della violenza e delle bugie dell'Occidente Collettivo, ridono di tanta tracotante arroganza, soprattutto mal posta, perché per nulla corrispondente alla "verità" che cercano di spacciare, pur con una macchina mediatica tambureggiante.
I teorici e politici russi, ben prima di approdare definitivamente a una scelta pienamente multipolare e convintamente e definitivamente eurasiatica, hanno coltivato anche la speranza di qualche affinità con i conservatori statunitensi, in molti casi scevri da forme di demenziale progressismo genderista, così come dopo il fallimento degli accordi di Minsk per il Donbass hanno dovuto cestinare le residue speranze di una collaborazione con l'Europa continentale, Macron e tutti gli altri dirigenti politici stavano infatti già spalleggiando il progetto anglo - statunitense di addivenire a un conflitto armato contro la Russia e utilizzavano tali accordi solo per prendere tempo.
Per Dugin e per molti altri teorici la scelta eurasiatica è diventata così più immediata, anche perché senza altre alternative, per di più rafforzata dall'irrobustirsi della cooperazione e della collaborazione di anno in anno più solida tra Vladimir Putin e Xi Jinping nel progetto multipolare.
Nella piena consapevolezza di quanto l'Unione Europea sia un'entità ancillare della NATO, come rivendicato da Mario Draghi nel 2021 e in ragione di questo totalmente ostile e avversa alla Russia, è maturato un eurasiatismo tutto contrapposto all'Occidente Collettivo, il quale per di più opera, fortunatamente senza successo, per il declino economico della Russia, capace invece di moltiplicare la solidarietà internazionale verso Mosca, avviare un nuovo sistema bancario internazionale non dipendente da Washington, rilanciare l'agro - alimentare e l'industria leggera nazionali e raccogliere investimenti interni degli imprenditori russi.
Questa nuova dimensione eurasiatica, fermamente incardinata sull'asse Mosca - Pechino, passando per Ulaan Baatar, volta al contempo a rinsaldare le alleanze con le fondamentali potenze regionali di Turchia e Iran, così come l'amicizia con le nazioni ex sovietiche dell'Asia Centrale, restituisce protagonismo ad alcune idee fondamentali dell'identità russa: il breznevismo come distensione e dialogo con gli altri soggetti planetari senza venire meno ai propri valori culturali e ideologici, l'unità di spazio e tempo come dimensione non rinunciabile dell'esperienza umana, per altro geograficamente connessa all'idea di potenza. È il "пространство", ovvero "prostranstvo", traducibile con "estensione territoriale e spirituale", quella che abbraccia i luoghi e le anime che li abitano, evidentemente da Kaliningrad a Valdivostok, da Norilsk a Magnitogorsk, un destino potremmo dire geografico e al contempo appunto spirituale, tanto immanente, quanto trascendente, immancabilmente agrario e comunitario a fronte di distese di boschi e di campagne senza limiti, certamente cristiano - ortodosso, in quanto custode delle tradizioni della Terza Roma, ma anche islamico e sciamanico, perché i musulmani sono i secondi per numero di fedeli nella Federazione Russa e nelle lande siberiane il vento soffia potente nei convincimenti dei continuatori di antichissime tradizioni.
La dimensione eurasiatica e multipolare è dunque per i russi anche un'identità spaziale e temporale per molti aspetti unica e irripetibile, latrice di una civilizzazione distinta, certamente incompatibile con il sistema occidentale liberal - liberista e il suo portato di effimera democrazia, tradita e travisata ogni volta che non si sia proni ai suoi dettami orientati a confermare l'assurdo assioma inteso ad autoriconoscersi ed imporre di essere riconosciuta come civiltà superiore.
Il percorso dei russi è intimamente parallelo a quello intrapreso in questi anni dai cinesi, anch'essi hanno trovato una via precipua e nazionale capace di emanciparsi dalle angherie di un Occidente Collettivo puerilmente arrogante. In Cina oggi si connette il passato quadrimillenario, ricchissimo di storia e di cultura, ben oltre i noti riferimenti confuciani e taoisti, fino alle recenti esperienze di emancipazione personale e collettiva costruite vittoriosamente sotto la bandiera del marxismo.
Il cosmopolitismo è esattamente il contrario dell'internazionalismo e della solidarietà di cui questo è latore, così l'Occidente Collettivo, sempre più miserevolmente cosmopolita e confusamente inebriato di una tracotanza prona semplicemente a un velleitario e superficiale multiculturalismo, si autoconvince di conoscere le altre culture attraverso il semplice assorbimento di marginali, esteriori e non determinanti aspetti folkloristici, per di più radicandosi in una visione intollerante e autoproclamatasi superiore nei confronti dell'alterità al punto di perdere la comprensione di ogni aspetto spirituale, patriottico, emotivo, storico, simbolico, ideologico, delle culture dei popoli.
Al contrario il partenariato strategico sino - russo nasce dalla necessità di costruire un nuovo ordine mondiale in cui le nazioni e i popoli della terra non vengano indotti a una biasimevole omologazione rispetto a modelli di una presunta esperienza superiore, ma concorrano nell'elaborazione concreta e fattuale di un agire multipolare e solidale, fondato sulla reciproca fiducia e sull'altrettanto fondamentale reciproco rispetto.
Il Sud Globale sta trovando grazie a Mosca e Pechino un cammino di autentica emancipazione e di definitiva chiusura dalla nefasta e fin troppo lunga parentesi del neo - colonialismo, camuffato da democrazia liberale e imposto al resto del pianeta dall'Occidente Collettivo, avidamente interessato al solo furto delle altrui ricchezze. Tutto ciò dimostra, se ve ne fosse ancora la necessità, quanto questo XXI secolo sarà determinato da nuove e più eque relazioni internazionali e di come il destino eurasiatico e multipolare della Russia sia fondamentale per la costruzione di un nuovo e più giusto ordine mondiale.