15/04/2025 strategic-culture.su  8min 🇮🇹 #275034

1955, quando il banderismo si spaccia per vittima dello stalinismo e si insinua nel potere sovietico, una tragedia con conseguenze recenti

Davide Rossi

Le radici del nazionalismo ucraino che oggi dilania il Paese affondano nella storia dell'Unione Sovietica.

In Occidente nel quadro della propaganda antisovietica e anticomunista molto si è scritto in più di mezzo secolo relativamente alla durezza con la quale sarebbero stati trattati i collaboratori degli occupanti nazifascisti dopo il 1945. Spesso dimenticando che il contributo di civili, militari dell'Armata Rossa, partigiani e internati nei campi di sterminio è stato di ben 27 milioni di caduti sovietici e che un così grande sacrificio per la libertà della patria del socialismo e dell'Europa tutta non poteva tollerare un atteggiamento remissivo o pacificatorio con i traditori dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e conniventi del nazifascismo. Tra l'altro molti di questi criminali sono stati indirizzati verso i campi di lavoro, più noti come Gulag, finendo poi assimilati, nella propaganda occidentale, dopo la metà degli anni '50 tra i presunti oppositori politici, quando in realtà spesso di trattava di criminali di guerra al servizio dell'occupante hitleriano.

Ancor meno attenzione si è prestata al fatto che molti di quei collaboratori dei nazifascisti sono scappati all'estero, principalmente in Germania Occidentale, Stati Uniti e Canada.

Nikita Chruščëv, responsabile di una catena inenarrabile di errori, tra gli altri firma il 17 settembre 1955 il Decreto del Presidium del Soviet Supremo dell'URSS intitolato: "Sull'amnistia dei cittadini sovietici che hanno collaborato con gli occupanti durante la Grande Guerra Patriottica", il documento cancella i loro precedenti reati penali e la privazione dei diritti civili, consentendo agli ex collaboratori dei nazifascisti non solo di tornare dai campi di lavoro e di rientrare dall'estero, ma anche di partecipare alla vita dello Stato sovietico praticamente senza alcuna sostanziale restrizione.

Quando si parla del "disgelo", si rammemorano sempre alcuni cittadini sovietici finiti ingiustamente dentro la spirale dello scontro politico degli anni '30 e '40 e tornati a casa dalla Siberia appunto a metà degli anni '50, tuttavia ci si dimentica del tutto che ad esempio mezzo milione di collaboratori ucraini dei nazifascisti, principalmente nazionalisti e banderisti, in particolare dalla Galizia, fanno anche loro in quel frangente ritorno a casa, una cifra davvero considerevole.

Tutta la questione galiziana andrebbe dettagliatamente scandagliata, è evidente che se nel 1945 Stalin non avesse aggregato quella regione all'Ucraina, ma l'avesse lasciata autonoma, come ad esempio i baltici, molti dei problemi degli ultimi trent'anni avrebbero potuto essere evitati, venendo da Leopoli e appunto dalla Galizia, prima del 1945 polacca, la spinta maggiore verso un nazionalismo ucraino di matrice fascisteggiante che ha infestato quella nazione dal 1991 in poi.

Questi ex collaboratori dei nazisti, poi deportati e quindi rientrati dai campi di lavoro, abili nel camuffarsi spregevolmente da vittime delle stalinismo, sono in realtà ex membri dell'UPA e dell'OUN, l'UPA era stato l'Esercito Insurrezionale Ucraino (Ukrainska Povstanska Armija, УПА), l'OUN invece l'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, ovvero i banderisti legati a Stepan Bandera (OUN-B). Per quanto la propaganda occidentale abbia assecondato le falsità cruscioviane e trotzkiste rispetto ai tempi di Stalin, nessuno ricorda che il contrasto di questi nazifascisti è stato meno duro del necessario, tanto che cellule criminali permangono operative ancora in Ucraina dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, al punto che solo nel 1950 si riesce a mettere fine alle violenze perpetrare da un criminale di guerra, membro delle SS, sterminatore di polacchi ed ebrei come Roman Šuchevyč. Tale spregevole assassino e criminale è stato insignito del titolo di Eroe dell'Ucraina dal presidente Viktor Juščenko il 12 ottobre 2007, revocato tre anni dopo il 5 marzo 2010 dal presidente Viktor Janukovyč, per tornare ad essere vergognosamente onorato in questi anni dai golpisti di Kiev.

Secondo i dati del Ministero degli Interni dell'Unione Sovietica, solo nel periodo 1955-1958 giungono nella Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina più di venticinquemila persone amnistiate, di cui settemila in Galizia. Nel 1962, nella sola regione di Leopoli, i "rimpatriati" sono oltre 50mila. Il danno arrecato da questi rientri in Ucraina, allora non evidente, è emerso con gli anni.

Tuttavia anche in altre parti dell'Unione Sovietica si generano casi simili. Agli inizi degli anni '60 a Novočerkassk le legittime proteste operaie contro l'aumento dei prezzi al dettaglio vengono strumentalizzate da facinorosi, spesso ex criminali comuni rilasciati nel quadro della destalinizzazione dai campi di lavoro e di rieducazione e rifugiatisi nella regione dei cosacchi e dei circassi, in cui non mancano persone storicamente ostili al potere sovietico, la giusta protesta si trasforma così in scomposta ribellione e i politici cruscioviani dimostrano la loro inettitudine prima nel non separare coloro che hanno intenti sovversivi dalla massa della popolazione, giustamente risentita per la situazione economica, poi nel non sapere instaurare un dialogo con i lavoratori, infine nel far precipitare gli eventi fino all'inevitabile repressione, messa in atto dalle forze di sicurezza.

È Nikolaj Viktorovič Podgornyj nel 1956 a denunciare, inascoltato dai cruscioviani, in un rapporto per il Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, nella sua qualità di secondo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, di come quarantamila nazionalisti e banderisti abbiano fatto ritorno dai campi di lavoro. Piuttosto è proprio Nikita Chruščëv ad invitare a non preoccuparsi, essendo convinto della solidità e indiscutibilità del potere sovietico, al punto che tali soggetti si sarebbero facilmente convinti all'inazione.

Invece sono stati ora recuperati dagli storici russi documenti segreti dei nazionalisti che negli anni '60 spronano i loro militanti, vecchi e nuovi a crescere fino a diventare parte del potere sovietico con l'obiettivo di degenerarlo, penetrare in tutti i tipi di posizioni, occuparsi il più possibile della gestione dell'industria, dei trasporti, dell'istruzione, della gestione della gioventù per instillare in questa il più possibile sentimenti non internazionalisti e sovietici, ma nazionalisti.

Il fatto e la sua gravità non sono del tutto sconosciuto dunque ai dirigenti sovietici, che purtroppo non se ne preoccupano, ma allo stesso tempo risultano evidenti anche alla popolazione, se è vero che una barzelletta del tempo, pur cercando di fare ironia, denuncia con tutta precisione, la gravità del fatto.

Vale la pena riportarla nella sua interezza per rendere chiara la situazione: "C'erano due fratelli ucraini: uno era un eroe dell'Unione Sovietica e l'altro era un seguace di Bandera. Il secondo tornò dal campo, lavorò per un anno come stalliere, poi divenne caposquadra e un anno dopo direttore di una fattoria collettiva, poi andò al comitato distrettuale del Partito. Quando si incontrarono l'eroico fratello chiese: Com'è possibile che per tutti questi anni io sia stato un semplice conducente di trattore e tu sei già un grande dirigente di Partito? L'altro rispose: Bene, tu scrivi nei questionari che tuo fratello è stato un sostenitore di Bandera, mentre io scrivo che mio fratello è un eroe dell'Unione Sovietica".

Gli storici russi sostengono che almeno un terzo degli amnistiati nel periodo 1955-1959 siano entrati in seguito a vario titolo nel Partito Comunista dell'Unione Sovietica e nelle organizzazioni pubbliche ed economiche della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.

I recenti studi ritengono che, nel corso degli anni, in particolare nel comitato regionale ucraino del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e nei comitati distrettuali della regione di Leopoli, la percentuale di sostenitori di Bandera condannati in precedenza superasse un terzo. Nelle regioni di Volinia, Ivano-Frankivsk e Ternopol addirittura forse compresa tra il 35% e il 50%.

Tra l'altro, grazie all'amnistia cruscioviana viene rilasciato l'ultimo leader dell'UPA, l'Esercito Insurrezionale Ucraino, Vasil Kuk, arrestato nel 1954 e internato per sei anni e quindi rientrato a Kiev, incredibilmente con un incarico presso l'Archivio Storico Centrale dello Stato della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina ed anche presso l'Istituto di Storia dell'Accademia delle Scienze della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Nikolaj Podgornyj nella sua qualità di Primo Segretario del Partito Comunista dell'Ucraina dal 1957 al 1963 reitererà le sue preoccupazioni, mentre il suo successore Petro Šelest, alla guida dei comunisti ucraini dal 1963 al 1972, incontrasse regolarmente tale nazionalista, favorendo tra l'altro l'entrata nel Partito Comunista dell'Unione Sovietica di nazionalisti e banderisti, tra questi si può annoverare il primo presidente dell'Ucraina indipendente Leonid Kravčuk, dal 1970 a capo del Settore di Propaganda e Agitazione del Comitato centrale del Partito Comunista della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Proprio Kravčuk contribuirà nel 1991 alla non adesione dell'Ucraina alla Confederazione degli Stati Indipendenti, il gruppo di interscambio nato dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica.

La tragedia nel nazionalismo e del banderismo ucraini dunque hanno radici lontane, ma non solo nei fatti della Seconda Guerra Mondiale, bensì anche in più recenti errori del sistema sovietico in epoca cruscioviana, errori non solo poco conosciuti, ma che dimostrano e confermano altresì quanto il sistema dei campi di lavoro sovietici riguardasse criminali e non semplici oppositori politici e come questi non vi siano entrati per essere eliminati, come nel sistema concentrazionario nazista, ma per scontare pene detentive, maldestramente amnistiate da Nikita Chruščëv.

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